Succederà un paio di volte in un anno, al Quai des Orfèvres, e può durare talmente poco che non c’è il tempo di accorgersene: dopo un periodo frenetico durante il quale i casi si susseguono senza tregua, magari tre o quattro tutti insieme – al punto che gli uomini si ammazzano di lavoro e gli ispettori, a forza di notti in bianco, hanno gli occhi rossi e mettono su un’aria stralunata –, all’improvviso calma piatta, il vuoto si direbbe, a stento inframmezzato da rare telefonate senza importanza.
Era andata così il giorno prima, un lunedì, giorno più fiacco degli altri, è vero, e alle undici del martedì l’atmosfera era ancora la stessa. Già tanto se, nell’immenso corridoio, si aggiravano come pesci fuor d’acqua due o tre informatori dall’aspetto malmesso che venivano a fare la loro soffiata. Nell’ufficio degli ispettori erano tutti alle loro scrivanie, tranne quelli con l’influenza.
Mentre di solito, per le urgenze, Maigret era a corto di effettivi e doveva fare i salti mortali per trovare abbastanza uomini da assegnare a un caso, quel giorno avrebbe potuto disporre della sua squadra quasi al completo.
Ma si respirava la stessa aria un po’ dappertutto, a Parigi. Era il 10 gennaio. Passate le feste, la gente viveva al minimo e smaltiva vaghi postumi di sbronza, con la prospettiva a breve dell’affitto e delle tasse da pagare.
Il cielo, intonato agli spiriti e agli umori, era di un grigio neutro, più o meno lo stesso del selciato. Faceva freddo, ma l’atmosfera non era abbastanza pittoresca perché ne parlassero i giornali. Era un freddo fastidioso e basta, di cui ci si accorgeva solo dopo aver camminato in strada per un po’.
Negli uffici i caloriferi erano bollenti, il che metteva ancora più in risalto la pesantezza dell’aria, e ogni tanto si udivano dei gorgoglii nei tubi, rumori misteriosi provenienti dal locale caldaie.
Come scolari in classe dopo un esame, tutti erano intenti a sbrigare quei lavoretti ingrati che si preferisce di solito rinviare, e scoprivano nei cassetti incartamenti polverosi, statistiche da aggiornare e altri tediosi compiti amministrativi.
La bella gente di cui parlano i rotocalchi era quasi tutta in Costa Azzurra o nelle stazioni di sport invernali.
Se Maigret avesse avuto ancora la sua stufa a carbone, quella che gli avevano permesso di tenere a lungo anche dopo l’installazione del riscaldamento centrale, ma che alla fine era stata tolta, avrebbe potuto di tanto in tanto fare una pausa per ricaricarla e attizzarla, lasciando cadere una pioggia di faville infuocate.
Non era di cattivo umore, ma nemmeno proprio in forma, e per un attimo, sull’autobus che lo portava al Quai da boulevard Richard-Lenoir, si era chiesto se non stesse covando l’influenza.
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