Audiolibri Artificiali
Stamane ho creato una grafica ispirata dai personaggi LEGO surrealista e riflessiva, immaginando la macchina da scrivere di Sam Fennan battere la copertina del libro Chiamata per il morto o Call for the dead. Proprio per strafare ne ho fatto anche una versione attualizzando l'opera di Vincent van Gogh, facendola diventare la stessa, dando anche un tocco di movimento a voler catturare proprio il momento in cui stava dando l'ultima pennellata. Riuscite ad indovinare i personaggi?
domenica 6 ottobre 2024
sabato 5 ottobre 2024
Georges Simenon - Il Gatto - RECAP 5 CAPITOLI - Romanzo Psicologico
Aveva lasciato andare il giornale, che prima gli si era aperto sulle ginocchia e poi era scivolato lentamente fino al parquet lucido di cera. Non fosse stato per la sottile fessura che di tanto in tanto gli si disegnava fra le palpebre, si sarebbe detto che dormiva.
Chissà se la moglie ci era cascata... Se ne stava a sferruzzare, nella sua poltrona bassa, dall’altro lato del camino. Sembrava sempre che non lo guardasse neanche, ma lui sapeva da tempo che in realtà nulla le sfuggiva, nemmeno il più impercettibile fremito di un muscolo.
Fuori, le ganasce d’acciaio di una benna piombavano dall’alto della gru e atterravano pesantemente, vicino alla betoniera, con un frastuono di ferraglia. Ogni volta il colpo faceva tremare la casa, e ogni volta la donna sussultava portandosi una mano al petto come se quel rumore, per quanto ormai familiare, la ferisse nel più profondo dei suoi visceri.
Si osservavano a vicenda. Non avevano bisogno di guardarsi. Da anni si osservavano in quel modo, disoppiatto, aggiungendo di continuo al loro gioco nuove sottigliezze.
Émile sorrideva. L’orologio di marmo nero dai fregi di bronzo segnava le cinque meno cinque e pareva che egli contasse i minuti, i secondi. In realtà li contava senza rendersene conto, aspettando anche lui che la lancetta lunga raggiungesse la posizione verticale. Solo allora il rumore della betoniera e della gru sarebbe cessato di colpo. Gli operai nelle loro cerate, con il viso e le mani grondanti di pioggia, si sarebbero bloccati per un attimo, per poi avviarsi verso la baracca di legno che stava in un angolo del cantiere.
Era novembre. Dalle quattro del pomeriggio lavoravano alla luce artificiale, ma presto i proiettori si sarebbero spenti e allora il vicolo, a malapena rischiarato dall’unico lampione a gas, sarebbe bruscamente sprofondato nel buio e nel silenzio.
Émile Bouin aveva le gambe intorpidite dal caldo. Quando dischiudeva gli occhi, vedeva le fiamme, alcune gialle, altre azzurrognole alla base, saettare dai ceppi del focolare. Il camino era di marmo nero, come i candelabri a quattro bracci che lo sormontavano, come l’orologio a pendolo, piazzato giusto in mezzo.
A parte le mani di Marguerite che si agitavano e il flebile ticchettio dei ferri da calza, in casa tutto era silenzioso, statico, come in una fotografia o in un quadro.
Le cinque meno tre minuti. Meno due. Alcuni operai cominciavano già ad avviarsi, lenti e pesanti, verso la baracca, per cambiarsi, ma la gru era ancora in funzione e un’ultima benna si alzò con il suo carico di cemento verso la cassaforma che segnava il primo piano dell’edificio in costruzione.
sabato 28 settembre 2024
sabato 31 agosto 2024
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